Dopo la fine dell'età regia (510/509 a.C.), a Roma il potere era diviso fra tre organismi: il senato, i comizi (cioè le assemblee popolari) e le magistrature (cioè le cariche pubbliche).
Il senato
I senatori (ossia gli «anziani», da senex, anche detti patres, «i padri») venivano dai censori tra i magistrati elettivi usciti di carica ed esercitavano a vita il loro mandato. Erano in numero di 300 nell'età più antica, poi di 600, e sotto Cesare arrivarono a 900. Loro sede era la curia, nel Foro romano. Il senato era l'istituzione centrale dello Stato. Vi dominavano i grandi proprietari dell'aristocrazia terriera, cui si aggiunsero poi i senatori di origine plebea (donde la formula complessiva di patres conscripti). Il senato disponeva delle finanze statali, amministrava il territorio demaniale, veniva consultato su tutte le questioni più importanti, decideva della pace e della guerra ed emetteva il senatusconsultum ultimum, con cui nei momenti di grave pericolo si investivano i consoli di poteri dittatoriali per la difesa comune. Durante l'impero il senato vide contrarsi le sue prerogative a una funzione puramente consultiva, limitandosi in sostanza a confermare le decisioni già assunte dal principe, che presiedeva l'assemblea e, in veste di censore, ne controllava i membri.
I comizi
Per eleggere i magistrati maggiori o per votare una legge, si riunivano nel Campo Marzio i comizi centuriati, nei quali i cittadini-soldati erano divisi, in base al censo, in cinque classi e ogni classe in centurie, che fornivano gli effettivi dell'esercito e gli elettori dei comizi stessi.
Il principale organo legislativo della repubblica divennero invece i comizi tributi, detti cosi perché in essi i cittadini (tutti quanti) si dividevano per tribù in base alla residenza (dalle 3 originarie tribù etniche dei Titienses, Ramnenses e Luceres, si passò, nel IV secolo a.C., a 35 distretti territoriali). I comizi tributi, inoltre, eleggevano edili e questori.
Le magistrature maggiori
I magistrati (ossia coloro che ricoprivano una carica pubblica) avevano complessivamente poteri molto ampi, che esercitavano però soltanto per un anno e con uno o più colleghi. Le magistrature maggiori, dette curuli o cum imperio, erano il consolato, la pretura e la censura.
I due consoli, in età repubblicana, costituivano l'organo esecutivo del governo senatorio, cui erano sottoposti gli altri magistrati ad eccezione dei tribuni della plebe; entravano in carica il 1° gennaio di ogni anno (e da essi l'anno prendeva nome), amministravano tutti gli affari interni ed esterni, convocavano i comizi e il senato, e in tempo di guerra detenevano il supremo comando dell'esercito. In pubblico, i consoli erano preceduti da 12 littori con i fasces (fasci di verghe legati a una scure, simbolo del potere consolare insieme alla toga praetexta e alla sella curulis). A partire da Tiberio, la carica di console divenne puramente onorifica.
I pretori (arrivati al numero di 8 sotto Silla) amministravano la giustizia e avevano 6 littori.
Consoli e pretori, allo scadere della carica, venivano inviati dal senato a governare con pieni poteri una provincia in qualità di proconsoli e propretori.
I due censori sovrintendevano ai censimenti, controllavano le proprietà e la condotta dei cittadini e sceglievano i senatori (lectio senatus), con facoltà di rimuovere dal loro rango probri causa quelli che se ne fossero mostrati indegni.
Una magistratura straordinaria era la dittatura. Il dittatore veniva nominato da un console per un periodo di sei mesi, quando una situazione bellica di grave pericolo richiedesse che tutti i poteri fossero temporaneamente concentrati in una sola persona. Al dittatore spettavano 24 littori.
Le magistrature minori
Gli edili (due curuli e due della plebe) avevano compiti di polizia e si occupavano dell'annona e del commercio, degli archivi e dei giochi pubblici.
I questori (due in origine, moltiplicatisi in seguito) amministravano il pubblico erario, riscuotevano le imposte e provvedevano alle spese dell'esercito.
I tribuni della plebe
I tribuni della plebe (in numero di dieci) non erano propriamente dei magistrati, ma i rappresentanti e difensori (inviolabili) dei plebei, da cui venivano eletti nei concilia plebis, interdetti ai patrizi. Istituiti fin dagli inizi del V secolo a.C., potevano opporsi mediante il diritto di veto a qualunque decisione dei consoli o del senato che ritenessero lesiva della loro classe sociale.
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